domenica, dicembre 16, 2012

Sono grata di essere una donna!!!


Sin da quando possa ricordare, ho sempre ritenuto una grandissima sfortuna essere donna. Crescendo in una famiglia matriarcale, dove la grande nonna supervisionava tutto e tutti, e con una mamma dal carattere possente, ogni giorno della mia infanzia non ho sentito altro che commenti sulle mille responsabilità di una donna, sugli oneri che il corpo femminile ci impone, sul ruolo da dover assumere nella società, sul peso che questa caratteristica avesse su tutto ciò che si fa, da quello che mangiamo, a come ci vestiamo, a come ci comportiamo… crescere in una società prevalentemente maschilista, di sicuro non ha migliorato gran che la mia visione. Giunta all’adolescenza, le prime relazioni extra-familiari con l’altro sesso, non hanno fatto che alimentare tutti i timori tramandatimi e crearne di nuovi.
Sono convinta che se non fosse stato per la svolta di eventi all’inizio della mia età adulta a quest’ora apparterrei a qualche gruppo di donne insoddisfatte che danno la colpa di ogni loro sventura all’essere donna.
Pur essendo andata in chiesa quasi ogni domenica fino ai miei 15 anni, non credo di essere mai stata presentata a Gesù Cristo, finché il destino non ha voluto che trascorressi un anno (o meglio sei) in una famiglia dove Cristo la faceva da padrone. Anche questa famiglia era portata avanti da una nonna fantastica, zie e cugine “all’italiana” e una mamma spettacolarmente forte, ma a differenza della mia, in questa famiglia essere donna era considerato un dono, qualcosa di cui essere grato e di cui rendere grazie al Signore quotidianamente. La “capofamiglia”, madre di due, e incinta di altri due, non faceva che ripetermi quanto fosse felice del dono che il Signore le aveva fatto. Non scorderò mai la volta in cui mi disse che la vita era un miracolo, e che come unici esseri in grado di creare la vita, noi donne eravamo degli angeli speciali scelti da Dio Padre, per rendere testimoni gli uomini di miracoli quotidiani. Penso che non scorderò mai neanche il modo in cui mi misi a ridere, dandole della pazza. La sua risposta fu semplice: aspetta e vedrai.
Gli anni trascorsi in compagnia di questa famiglia, mi hanno fatto avvicinare molto a Cristo, e a iniziare a dubitare delle convinzioni che mi ero portata dietro dall’infanzia. Sicuramente non posso dire che ero grata di essere donna, ma per lo meno non lo detestavo quanto nel passato, se non in quei giorni in cui essere donna può essere alquanto doloroso. Continuavo però a non comprendere il fascino che così tante persone provavano per il Cristianesimo; come si poteva parlare di amore ed uguaglianza tra uomini e donne in una religione portata avanti per millenni da soli uomini, e uomini che odiavano le donne tra l’altro? C’era però qualcosa di strano che succedeva quando venivo trascinata a incontri in chiesa, a seminari religiosi o all’ennesimo “bible study”. Non so definire bene cosa fosse, ma era come se dentro di me ci fosse una piccola bambina che sorrideva quando mi trovavo in mezzo a tutte quelle donne che erano entusiaste della loro condizione.



Dopo un po’ di tempo, ho conosciuto la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, e dopo un battesimo lampo (ero battezzata 10 giorni dopo il mio primo incontro con i missionari), ho iniziato ad appassionarmi davvero alla vita di quest’uomo che predicava l’amore verso tutti, inclusi sé stessi, e il perdono, partendo dal perdonare i propri errori. Ero in un periodo molto tumultuoso della mia vita, e sapevo (oggi posso dire che si trattava di suggerimenti dello Spirito Santo), che le chiavi della mia felicità sarebbero state proprio quelle: amore e perdono, verso tutti certo, ma partendo da me stessa. Ho iniziato così un lungo percorso di ricerca e di studio, che mi hanno portato ad apprezzare sempre di più il la mia condizione terrena, a riconoscere passo passo tutti i doni che mi erano stati dati, primo tra quali quello di essere donna.
Non appena iniziato a comprendere la bellezza dell’essere donna, ho scoperto di essere in cinta, e tra i mille timori di questa nuova fase della mia vita, ho iniziato a domandarmi quali nuove prove mi attendevano, quali nuove lezioni dovevo imparare. Dopo aver dato alla luce il mio primogenito, ho sentito una gioia che sovrastava di molto tutto il dolore che mi aveva portato a quel magico momento in cui ho finalmente potuto tenere tra le braccia il mio bimbo. Iniziavo a comprendere cosa intendesse la mia seconda mamma affermando che siamo degli esseri speciali. Ho intrapreso questo nuovo percorso con mille paure, chiedendomi costantemente cosa fare per poter essere una buona mamma, cercando di fare del mio meglio per potergli garantire un buon futuro, avendo mille premure e commettendo mille errori, ispirandomi agli esempi che avevo avuto dalle donne della mia vita su come essere una buona mamma.
Poi a Gennaio ho scoperto di essere di nuovo incinta, e sin dal primo momento avevo terrore che potesse trattarsi di una femmina. Durante tutta la gravidanza non ho mai voluto avere la conferma ai miei dubbi, ma dentro di me ho sempre saputo che era una piccola donna a crescere dentro di me. Cercando di essere razionale, attribuivo il mio timore alla mia incapacità di fare le trecce o a mettere lo smalto sulle unghie. I maschi alla fine sono molto più semplici da crescere no? Più si avvicinava la data del parto, più sudavo freddo all’idea di tirare su una bambina, una donna. La presunta data del parto venne e passò senza che nulla cambiasse, nessuna contrazione, nulla di nulla. I giorni passavano, e nulla! Una sera poi, approfittando di essere sola a casa, mi sono chinata in preghiera, e ho chiesto al Signore perché ci volesse tanto perché questo bebè si decidesse a venire alla luce, e la risposta è stata una sola: prima dovevo capire. Ok. Ma capire cosa?
Prendendo sonno, continuavo a chiedermi quale lacuna mi stava evitando di entrare in travaglio… sapevo di non avere una comprensione di completa di molte cose, ma cosa era così grave impormi questa attesa?
Mentre cedevo alle braccia di Morfeo, un pensiero ha iniziato a farsi strada nella mia testa… dovevo ancora capire cosa volesse dire essere donna. Quello che mi terrorizzava così tanto all’idea di avere una bambina, era il timore di non poterle insegnare le cose giuste, ma non si trattava di insegnarle come fare le trecce o come mettere lo smalto, ma bensì di cosa volesse dire essere donna. Di cosa volesse dire avere una maggiore sensibilità per i bisogni di coloro che ci circondano, guadagnare una testimonianza di Cristo, e applicare e vivere i Suoi insegnamenti nonostante tutte le prospettive errate date al suo vangelo di secoli di religiosità maschile, essere umili abbastanza da riuscire ad ascoltare i suggerimenti dello Spirito, e forti abbastanza da poter sopravvivere in un mondo prevalentemente maschilista, avere rispetto per il Sacerdozio, per il padre di famiglia, per gli anziani, per le opinioni altrui, nonostante il mondo ci insegni l’opposto. Essere FIERA di essere donna nonostante il mondo ci insegni che sia una cosa di cui vergognarsi.
A mezzanotte, quella stessa notte, le contrazioni sono iniziate, e poche ore dopo stavo tenendo tra le mie braccia la mia piccola Laila Esmeralda. Ricordo che appena uscita, ho chiesto cosa fosse, più per prassi: non ero affatto stupita nel sentirmi rispondere che era una femmina. Non ho potuto resistere a commuovermi nell’aver finalmente compreso quel commento di tanti anni prima. Finalmente capivo a pieno perché noi donne possiamo essere considerate degli “angeli speciali scelti da Dio Padre, per rendere testimoni gli uomini di miracoli quotidiani”. In quel momento ero fautrice e testimone di un miracolo allo stesso tempo. Ero stata difatti il mezzo per permettere ad un nuovo spirito di ottenere un corpo, ma d'altronde questo miracolo l’avevo già vissuto. Il vero miracolo per me, in quel momento, fu essere orgogliosa di aver messo alla luce un piccolo angelo, di essere stata concessa la possibilità di tramandare ad una nuova donna tutti gli insegnamenti che donne spettacolari mi avevano trasmesso nel corso degli anni, di vedere, in un solo istante, tutta la mia posterità negli occhi di questa piccola grande donna.
Mi sono spesso chiesta quando è che abbiamo iniziato ad essere donne, se in questa vita, o se lo eravamo già come spiriti. Non ho ancora una risposta a questa domanda, ma sono certa di una cosa: Sono grata al Padre Celeste per l’opportunità che mi ha dato di essere donna, per il grande dono che mi ha concesso quando mi ha considerata degna di rendere gli uomini testimoni di miracoli, e di mettere alla luce una donna! Sono grata di essere una donna!

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